INDIA³
agosto
2013
HARIDWAR
e RISHIKESH
rishikesh
onde
fugare qualsivoglia dubbio in merito va detto che, dato il rischio
oggettivo di finire invischiati in un covo di occidentali in cerca
della proverbiale botta di spiritualità, abbiamo tentennato non poco
prima di ripartircene alla volta di rishikesh. poi, accantonata la
diffidenza iniziale, decidiamo di farci comunque ritorno, questa
volta in tempi un tantino migliori. in fondo, nonostante le orde di
turisti rapiti delle suggestioni misticheggianti dell'holy
india
e qui giunti per placare la loro sete molto fashionable
di ritiri spirituali, corsi di meditazione alquanto commercialoidi e
ashram
stay
più o meno autentici, questo resta pur sempre un luogo di
pellegrinaggio importante per i fedeli hindu e di conseguenza una
meta interessante per chiunque voglia immergersi per un po' nella
loro ritualità colorata e coinvolgente.
la
capitale mondiale dello yoga è una piccola e pacifica città
dell'uttarakhand ai piedi della colline himalayane che dall'oramai
lontano '68 ha finito per ritrovarsi puntati i riflettori di mezzo
occidente, almeno di quello con la fissa yogica, in seguito alla
scappatella indiana dei baronetti del rock, accorsi in quel di
rishikesh per ampliare le loro percezioni sotto la guida di maharishi
mahesh yogi. quindi, spinti da un profondo senso di comunione
psichedelico-misticheggiante, hanno invitato i fan a fare lo stesso
al grido di “andate in india e trovatevi un guru”.
per
gli hindu invece rishikesh è consacrata a vishnu signore
dei sensi. egli
infatti
qui si manifestò in seguito all'austera penitenza cui si era
sottoposto in suo nome rishi rabhya, la quale aveva come fine per l'appunto il raggiungimento del totale dominio sui sensi.
l'importanza
del sito è inoltre connessa al fatto che proprio in quel di
rishikesh la madre ganga
si appresta a lasciare i rilievi delle shivalik hills per immettersi
nella piana indo-gangetica all'altezza della vicina haridwar. in più
questo
è anche il punto di partenza per il char
dham yatra,
il pellegrinaggio ai 4 santuari del garwhal presso le sorgenti di
altrettanti fiumi sacri,
onde
per cui le strade pullulano di pellegrini.
ad
essere onesti rishikesh finisce per coglierci un tantino di sorpresa:
complice la bassissima stagione il rapporto turisti
stranieri/visitatori indiani è tipo 1/50, il che mitiga non poco
quel feeling da disneyland stile lourdes da cui volevamo girare al
largo. pur se tutto l'ambaradan di centri yoga più o meno fake
e western
style,
ristoranti e negozi di souvenir è sempre in febbrile attività e per
certi versi l'aria da “mecca” dei vacanzieri dello spirito è
difficile da ignorare del tutto, l'atmosfera è comunque piacevole.
monsone battente a parte, le passeggiate tra ram jhula, lakshman jula
e swarg ashram si rivelano più appaganti del previsto, le miriadi di
pellegrini ciarlieri che si incontrano lungo le vie e i ghat sono al
solito calorosissime e i capannelli di baba raminghi che ci
apostrofano con sonori "aryoooo"
di venetica memoria un bijoux.
insomma,
tutto sommato niente male, anche se di certo rishikesh non può
reggere il confronto con quel gioiello imperdibile che è la vicina
haridwar.
haridwar,
la
porta
verso dio,
è una delle 7 città sacre hindu e senza ombra di dubbio tra le più
affascinanti dell'india per l'innegabile piacevolezza delle
tranquille viette secondarie, per l'irresistibile opportunità di
osservare la quotidianità dell'india sacra da una finestra 100%
autentica e priva di accomodamenti tourist-friendly, ma anche e
soprattutto per l'atmosfera di pura magia che si respira lungo i ghat
e le vie odorose e colorate del bazar.
è
qui che il gange termina la sua discesa dalla
sorgente di gaumukh
e si getta finalmente
nella piana cui dà il nome ed è sempre qui che all'alba del mondo
cadde una delle quattro gocce di nettare divino (amrita,
l'elisir dell'immortalità), versate accidentalmente a haridwar,
allahabad, nashik e ujjain, dall'urna degli dei in fuga dai demoni che
bramavano di impossessarsene. questo evento viene grandiosamente
celebrato nel kumbh
mela,
il
più
grande festival mai concepito dal genere umano, con oltre 100 milioni
di partecipanti, che qui si tiene ogni 12 anni.
a haridwar è il fiume il tempio più sacro e il punto più rilevante
dello spazio cultuale si trova presso il ghat di har
ki pauri,
il luogo esatto in cui cadde la divina ammonia e in cui una lastra di
pietra lungo l'argine inferiore, quindi spesso sommersa delle acque,
reca incisa un'impronta di vishnu; qui si trova anche
brahma kund,
una
sorta di piscina naturale che segna l'entrata del gange nella piana,
dove il divino brahma concesse a raja shwet la grazia di risiedere in
eterno nella celesta haridwar e dove oggi migliaia di devoti si
riuniscono per il catartico bagno rituale e la ganga
arti,
la cerimonia di adorazione della dea ganga, un rito tra i più
poetici e ammalianti dell'india induista: ogni sera al tramonto i
gradini dei ghat su entrambe le sponde si affollano di fedeli venuti
a venerare la madre dei fiumi, immergendovi centinaia di diyas
(lampade galleggianti) floreali che scivolano a valle trascinate
dalla corrente, come piccoli tentacoli di fiamme che striano le acque
scure e si riflettono tra le onde impetuose. i brahmini reggono palle
di fuoco mentre nell'aria si elevano inni sacri ritmati dai gong del
tempio in uno spettacolo incantato e incantevole di luci, suoni e
colori.
i
restanti km di ghat sono deliziosamente animati 24h/7gg da orde di
fedeli intenti a compiere le abluzioni rituali, venditori di fiori
per la puja e baba oltremodo amichevoli, che manco una volta hanno
osato chiederci “baksheesh”.
in
giro per la città poi si incappa in un numero pressochè infinito
di ashram e templi, che fanno della santissima haridwar un luogo di
gran lunga più indicato di rishikesh per fare yoga in un contesto
autentico e meno commerciale.
il
bazar, uno dei più “mediorientali” dell'india, è provvisto di
ogni ben di dio: articoli religiosi e non, gioielli, cibarie in tutte
le salse, the, spezie, vestiti, montagne di frutta e verdura e lassi
ghiacciati che sono una benedizione nell'arsura dell'agosto
monsonico. lo inseriamo senza dubbio tra le attrattive imperdibili di
haridwar e consigliamo vagabondaggi estensivi di ore ed ore nonchè
edificanti chiacchierate coi sempre loquaci bottegai.
altra
chicca della nostra haridwar è l'offerta gastronomica ipervaria che
spazia dai piatti tipici del nord e del sud (così finalmente
appaghiamo la nostra brama di idly e dosa!) alla cucina himalayana
passando per quella cinese, per soddisfare le esigenze dei pellegrini
hindu e dei visitatori che accorrono da ogni angolo del sub a
purificarsi nelle acque del gange.
in
generale ad haridwar l'india sacra si esprime al massimo della sua
suggestione e del suo fascino celestiale che vibra di un'energia
tanto rara quanto preziosa e, dulcis
in fundo,
si fonde con la beltà meravigliosa della sua gente ospitale e
amichevole.
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