INDIA³
agosto
2013
BODHGAYA
il
bihar.
siamo
in uno degli stati più disagiati dell'india, cosa che risulta evidente già alla stazione di gaya dove il numero dei mendicanti che affolla i binari è decisamente
alto, e poi per le vie polverose e trafficate della città. nella
campagna intorno sonnecchiano piccoli villaggi di capanne dimesse che
potrebbero tranquillamente ignorare di essere nel XXI secolo, non
fosse per gli sporadici motorini che rumoreggiano poco lontano. la
popolazione vive per la metà circa sotto la soglia di povertà e da
queste parti non è raro trovarsi a dubitare dell'effettiva esistenza del mondo
globalizzato.
se
il nepal, e di preciso lumbini, è il luogo di nascita della persona
fisica del buddha gautama, il bihar, leggasi bodhgaya, ha dato i
natali al buddhismo inteso come sistema filosofico-religioso che fa
seguito all'illuminazione del principe siddharta, all'istituzione del
sangha e alla messa in moto della ruota del dharma con la prima
diffusione della dottrina (a sarnath). è questa zona del
subcontinente a fare da sfondo alla vita del buddha storico,
considerando anche la relativa vicinanza al bihar delle altre due
località fondamentali per il culto buddhista, ovvero la suddetta
sarnath e kushinagar, luogo della morte del buddha. il nome bihar
trova infatti origine nel termine sanscrito vihara
(dimora), che indica la sala di culto principale di un monastero
buddhista.
il
piccolo paesello di bodhgaya ruota intorno al tempio della mahabodhi
e, col suo bel mercato, i barbieri di strada e gli onnipresenti
aggiustatutto, è un luogo più che delizioso per starsene seduti a
guardare l'umanità indaffarata che passa. anche il mahabodhi temple
è costantemente animato da frotte di fedeli buddhisti provenienti da
mezza asia, tra cui monaci tibetani, giapponesi, thai,
birmani, cinesi, laotiani e chi più ne ha.. non ultimi i soliti pellegrini hindu che,
per la tendenza universalizzante della visione induista, vengono ad
omaggiare il buddha in quanto ottavo avatar del divino vishnu [come
dicono i nostri amici di calcutta a proposito del buddha quale vishnu
incarnato: “yes,
that's
it..
but
don't tell the buddhists”,
e se la ridono tutti grassamente, perchè l'ironia è sacra pure
quando è a sfondo religioso..]. i turisti stranieri invece latitano,
con ogni probabilità per via del recente attacco bombarolo di luglio
che ha inflitto un notevole calo all'affluenza dei gruppi in visita
di cui si lamentano un po' tutti gli albergatori. la
bella shikara scolpita è il centro del culto qui a bodhgaya. segna
il luogo dove 2500 anni fa il buddha raggiunse l'illuminazione sotto
l'oramai proverbiale albero di pipal (ficus
religiosa, o
albero della bodhi -illuminazione-), il cui discendente è a tutt'oggi oggetto di venerazione. la
struttura attuale del tempio è datata V o VI sec dc ma il nucleo
originale viene comunemente fatto risalire alla visita
dell'imperatore ashoka nel 250 ac, poco più di due secoli dopo la
nascita del buddhismo. intorno al perimetro del tempio e nei giardini
circostanti capannelli colorati di devoti seguono il percorso rituale
tra monaci in preghiera assisi all'ombra dei chaitya, mentre nell'aria risuonano mantra multilingue. l'atmosfera è di quelle che incantano.
a
poche ore di autobus c'è nalanda, una delle più antiche università
della storia, fondata nel V secolo dc, due volte distrutta e due
volte ricostruita perchè continuasse ad essere il centro studi di
riferimento per tutto il mondo buddhista, dai mahasiddha tantrici indiani agli eruditi cinesi che tradussero i testi sacri in mandarino. questo
fino all'irruzione turca che verso la fine del XII secolo portò alla
devastazione definitiva e al conseguente e irreversibile declino del
buddhismo in india.
ci andremmo volentieri ma stavolta tocca accontentarsi di bodhgaya, chè il febbrone da cavallo (evvai anna!) ancora non molla. ne abbiamo già avuto abbastanza per quanto riguarda l'edificante esperienza di intraprendere epici viaggi indiani con 40 di febbre (un bel po' di attesa alla stazione di haridwar per il treno delle 22.30, con l'ottima compagnia di tipo 5000 pellegrini, poi una gran nottata in sleeper class con più o meno le stesse migliaia di persone, un giorno intero alla stazione di lucknow, che avremmo tanto voluto visitare ma sarà per la prossima volta, e infine un altro viaggetto notturno alla volta di gaya!). d'altronde mica potevamo disdire la prenotazione, perchè l'unico modo per trovare un pezzo di sedile dove fare un sonnellino nella sleeper class più affollata del globo e per queste tratte gettonatissime è prenotare con largo anticipo, altrimenti so' cazzi. spostare il viaggio di un giorno significa, salvo miracoli del railway reservation center, stare in piedi in seconda classe o meglio seduti in otto dove sulla carta ce ne stanno tre (seduti, mai sdraiati, per tutta la notte. stavolta passiamo..). poco male, che possono mai essere 40 febbricitanti ore di viaggio quando hai a tua disposizione un miliardo e passa di “infermieri” che ti assistono sul treno e nelle sale d'attesa? appena qualcuno nota il colorito cadaverino si avvicina per assicurarsi che vada tutto bene, finchè l'ometto delizioso che controlla l'accesso alle waiting rooms della stazione di lucknow ci fa accomodare nella sala vip della prima classe anche se abbiamo come sempre il biglietto della più infima, perchè con la febbre bisogna tassativamente stare sdraiati sulle sedie più stravaccati possibile, cioè occupandone minimo quattro. e poi c'è il vicino di posto ipergentile, che pattuglia la situazione mentre dormiamo e si mette a dire a tutti quelli che passano: “no, qua no. ha la febbre, falla dormire. vai a sederti là”.
ci andremmo volentieri ma stavolta tocca accontentarsi di bodhgaya, chè il febbrone da cavallo (evvai anna!) ancora non molla. ne abbiamo già avuto abbastanza per quanto riguarda l'edificante esperienza di intraprendere epici viaggi indiani con 40 di febbre (un bel po' di attesa alla stazione di haridwar per il treno delle 22.30, con l'ottima compagnia di tipo 5000 pellegrini, poi una gran nottata in sleeper class con più o meno le stesse migliaia di persone, un giorno intero alla stazione di lucknow, che avremmo tanto voluto visitare ma sarà per la prossima volta, e infine un altro viaggetto notturno alla volta di gaya!). d'altronde mica potevamo disdire la prenotazione, perchè l'unico modo per trovare un pezzo di sedile dove fare un sonnellino nella sleeper class più affollata del globo e per queste tratte gettonatissime è prenotare con largo anticipo, altrimenti so' cazzi. spostare il viaggio di un giorno significa, salvo miracoli del railway reservation center, stare in piedi in seconda classe o meglio seduti in otto dove sulla carta ce ne stanno tre (seduti, mai sdraiati, per tutta la notte. stavolta passiamo..). poco male, che possono mai essere 40 febbricitanti ore di viaggio quando hai a tua disposizione un miliardo e passa di “infermieri” che ti assistono sul treno e nelle sale d'attesa? appena qualcuno nota il colorito cadaverino si avvicina per assicurarsi che vada tutto bene, finchè l'ometto delizioso che controlla l'accesso alle waiting rooms della stazione di lucknow ci fa accomodare nella sala vip della prima classe anche se abbiamo come sempre il biglietto della più infima, perchè con la febbre bisogna tassativamente stare sdraiati sulle sedie più stravaccati possibile, cioè occupandone minimo quattro. e poi c'è il vicino di posto ipergentile, che pattuglia la situazione mentre dormiamo e si mette a dire a tutti quelli che passano: “no, qua no. ha la febbre, falla dormire. vai a sederti là”.
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