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3-21 novembre 2010 - SIRIA

eccoci di ritorno dopo 20 gg di silenzio stampa.. (in siria non è consentito accedere a social network e simili da un normale computer, è necessaria una particolare abilitazione per bypassare la censura, cosa della quale siamo venuti a conoscenza soltanto negli ultimi giorni del nostro soggiorno damasceno)

è difficile stipare in poche righe queste settimane dense di incontri, vagabondaggi e suggestioni: da aleppo a damasco, passando da latakia, hama, deir ezzor, palmyra e gli innumerevoli siti che costellano i dintorni di ognuna delle suddette località (la basilica di san simeone stilita, il castello di saladino, apamea, il krak des chevaliers e bosra, per citarne solo alcuni).. come al solito abbiamo girovagato parecchio, macinando non pochi km a bordo dei mezzi pubblici locali, perchè davvero non si può dire di essere stati in siria se non ci si è sparati almeno un'oretta di viaggio sui sedili posteriori, rigorosamente sfondati, di un microbus che sembra esplodere ad ogni minima irregolarità dell'asfalto, stretti tra un panciuto nonnetto e una donna beduina, che si lamenta senza sosta con l'autista perchè ha fretta, badando bene di non infilare i piedi in una delle sue mille buste della spesa...

il meglio che possiamo fare ora è lasciare che i ricordi affiorino e registrare di getto il flusso spontaneo delle immagini nella nostra mente: il traffico insopportabile per le vie della aleppo moderna, l'altrettanto frenetico groviglio di corpi nell'andirivieni del suq e poi un po' di sollievo con un'ottima pizzetta made-in-siria, innaffiata da un al-maza ghiacciata, nello splendido quartiere di al-jdeida; un giretto al qala'at samaan per vedere da vicino ciò che resta di una delle colonne su cui simeone stilita ha trascorso la sua vita di asceta; lo spettacolare panorama dal finestrino del treno aleppo-latakia, che sferraglia verso la costa snodandosi tra le montagne, le gallerie e le valli della siria nord-occidentale; i falafel sublimi di hama e latakia, preparati al momento con quell'adorabile aggeggio che fabbrica perfette palline di pasta di ceci; il canyon scavato dai crociati sul fianco della collina, per meglio difendere il castello di saladino, e il nostro spassosissimo autostop per il ritorno, prima in camion e poi in moto; la tavoletta di ugarit, con la prima codificazione alfabetica del mondo; le norie di hama, che si specchiano sulle acque dell'oronte; la via colonnata di apamea; l'esplorazione delle mille torri, sale, corridoi e sotterranei del più famoso dei castelli crociati (il krak dei cavalieri), una meraviglia seza eguali; il nostro “parchetto della birra” nella città vecchia di damasco, meritatissima pausa ristoratrice dopo ore di vagabondaggi per il dedalo di viuzze del suq e dei quartieri ebraico e cristiano; le vie polverose di deir ezzor, la città dei beduini, nel bel mezzo del deserto; un piatto di fool e tonnellate di pane non lievitato; l'impagabile scorcio di mesopotamia dalla cittadella di doura europos, da cui salutare le coloratissime contadine, intente a raccogliere il cotone sulle rive dell'eufrate, poco lontano dal confine iracheno; le rovine mozzafiato di palmyra infiammate dal tramonto;


bosra, la città nera, i cui abitanti vivono tra le rovine romane di basalto; damasco e la sua incomparabile bellezza; la maestosità del deserto, infinito all'orizzonte, e noi sul ciglio della strada, in attesa di un microbus che non arriva, sotto il sole rovente di mezzogiorno; l'acquisto dell'immancabile kefya (keffiyeh) rossa beduina nel suq della capitale e il delizioso vecchietto della bottega che, per tirare fuori la nostra, ne ha fatte cadere a centinaia...

che dire? il modo migliore di passare il tempo è errare senza meta lungo le strade, che ovunque sono un variopinto delirio mediorientale, e esplorare i vicoli delle cittadelle, dei suq o dei quartieri moderni, ammesso che ci si riesca a districare in tale labirintico caos e non si venga intercettati, cosa pressochè certa, da uno dei milioni di passanti, ansioso di conoscere ogni dettaglio sul tuo paese e la tua famiglia o magari solo di rivolgerti il suo caloroso “welcome to syria”, che non sappiamo più nemmeno quante volte ci è capitato di sentire.. ogni nostra passeggiata finiva per trasformarsi in una sequenza ininterrotta di “italy” e “shukran” e “syria is very nice too”, e tuttora non riusciamo a capacitarci di tanto calore e disarmante ospitalità (anche perchè in giordania la storia è più o meno la stessa), nella migliore tradizione araba e beduina..

chiese cattoliche e ortodosse sorgono più o meno in tutto il paese, non solo tracce della lunga tradizione cristiana di queste terre ma luoghi di culto di comunità tuttora attive.. la convivenza e l'integrazione religiosa sono un piacevole dato di fatto che tutti, almeno questa è la sensazione che abbiamo avuto, sembrano vivere come la più scontata delle condizioni, consapevoli di abitare un angolo del pianeta che è da sempre crocevia di culture, genti e religioni, mosaico etnico e linguistico, teatro tanto di incontri che di scontri tra prospettive differenti, talvolta non poco, ma non per questo per forza inconciliabili..

non abbiamo scorto la benchè minima traccia, non che ci aspettassimo il contrario, del fantomatico estremismo che caratterizza, secondo troppi mitomani di casa nostra, gli stati “canaglia” (?) come la siria, a riprova del fatto che l'unico atteggiamento fondamentalista è quello di chi si permette giudizi superficiali e affrettati, sulla base dei vaneggiamenti di qualche ridicolo talk show o delle dichiarazioni per nulla obiettive dei nostri imbarazzanti mezzi di comunicazione..

siamo stati accolti col sorriso sulle labbra in ogni situazione, ci è stato consentito di accedere al cortile esterno della splendida moschea degli omayyadi (con immenso gaudio per noi e per i nostri occhi!), chiuso alle visite in quell'occasione, nonostante la processione di pellegrini iraniani diretti alla tomba di hussein, terzo imam e figura di grande rilievo per l'islam sciita.. nessuno ci ha mai fatto pesare la nostra ingombrante identità di occidentali e questo è davvero un segno di grande tolleranza in un paese, o meglio in un area, dove è difficile non avvertire l'eredità devastante dell'ingerenza europea e statunitense: questioni quasi scontate per chiunque vanti un minimo di cognizione storica, ma che ti investono con una potenza ancora maggiore e con tutta la loro allarmante attualità quando ti trovi a due passi da territori come il golan o dal confine iracheno..
a quanti gridano di continuo al complotto contro l'occidente, teorizzando assurdi scontri tra culture e criminalizzando intere popolazioni, possiamo solo suggerire un giretto da queste parti in prima persona, per ricevere la loro dose, immeritatissima, di gentilezza e sorrisi...

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