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INDIA³
12 – 21 giugno 2013: uttarakhand

da BANBASA a ALMORA

sotto il sole già rovente delle 7 di mattina la campagna splende lussureggiante come solo in tempo di monsoni. la terra di nessuno tra i due confini ci regala il paesaggio più idilliaco che abbiamo incontrato vagando per le contrade indonepalesi di frontiera, con una distesa di campi verdissimi attraversati da un torrentello azzurro e in lontananza una cornice di dolci colline boscose. di là del ponte sul kati  si apre la piana dell'uttarakhand meridionale e noi, dopo un chai al mercato di banbasa, partiamo per haldwani col primo gov-bus, avanzando lenti tra villaggi di contadini, sacri bovi raminghi e mercati di campagna e degustando ad ogni fermata bicchieroni d'acqua zuccherata distribuiti da festanti drappelli di giovani sikh in occasione di chissà quale allegra ricorrenza. 

da haldwani poi prendiamo a salire verso le colline lungo una bella strada tortuosa ma panoramica che serpeggia tra i rilievi del kumaon e quindi raggiunge il capoluogo distrettuale di almora. qui ci fermiamo qualche giorno per ricaricare le batterie e fare qualche acquisto, perché la città è assai gradevole e il delizioso lalal bazar è una sequenza infinita di graziose botteghe tradizionali affacciate lungo una via acciottolata e provvidenzialmente pedonale. e, dato che in india quasi tutto costa meno che in nepal, frutta in primis, diamo fondo, raggianti come non mai, alle scorte di pesche e albicocche dei fruttivendoli.

KARNAPRAYAG e GAURCHAR: l'alluvione

la regione del garwhal nell'uttarakhand occidentale è una meta di pellegrinaggio gettonatissima tra gli hindu e i sikh di tutta l'india per i 4 importanti templi (char dham) eretti in corrispondenza delle sorgenti di altrettanti fiumi sacri (il gange a gangotri, lo yamuna a yamunotri, il mandakini a kedarnath e l'alaknanda a badrinath), che sgorgano dalla roccia himalayana a oltre 3000 m di altitudine e si fanno strada verso la piana scavando splendide vallate immerse in panorami da sogno. un giro nei dintorni promette decisamente bene e ci intriga alquanto, quindi decidiamo di unirci ai pellegrini in viaggio alla volta di badrinath e gangotri. prima però chiediamo lumi circa le condizioni meteo, memori del maggio monsonico nepalese e allarmati dai rovesci quotidiani. no problem, la situazione a detta di tutti è tranquilla, anche perché da queste parti la stagione delle piogge non crea problemi fino a luglio inoltrato e per tutto il mese di giugno la yatra season (stagione dei pellegrinaggi) è in grande fermento.
è appena l'alba quando lasciamo almora. una pioggerellina leggera picchietta soave contro i tetti di lamiera delle botteghe del lalal bazar, così il nostro chai delle 4.30 ce lo beviamo sotto l'ombrello, sperando che la mattinata ci regali un po' di sole. l'autobus è abbastanza puntuale, o meglio in accettabile ritardo, la strada sembra praticabile e alle 5 passate partiamo in direzione  di karnaprayag, che si trova 7h più a nord, proprio al bivio per joshimath e badrinath. 

qualche ora di viaggio però basta a toglierci ogni illusione circa il raggiungimento della nostra meta. anziché rasserenarsi, il cielo si rabbuia parecchio e si mette a diluviare di brutto, tanto che ci vogliono quasi sei ore solo per coprire i primi 90 km fino a gwaldam, perché dalla montagna piovono copiose cascate d'acqua che allagano boschi e asfalto. da gwaldham prendiamo al volo un altro bus per karnaprayag ed è allora che ci sorgono ulteriori e sempre più giustificati dubbi sulla bontà della nostra idea: la superficie del manto stradale si fa presto disastrosamente impraticabile, le prime frane già bloccano il traffico e per proseguire dobbiamo aspettare che le ruspe aprano un varco tra i massi. 
e poi c'è il fiume. il pindar si ingrossa a vista d'occhio e in breve raggiunge livelli che a noi sembrano decisamente di allerta. cominciamo a notare una certa agitazione anche nei nostri compagni di viaggio. tutti infatti convengono che è troppo presto per un monsone così abbondante, con tutte le complicazioni del caso, e poi anche in piena stagione delle piogge capita assai di rado che le condizioni precipitino tanto in fretta. oramai però si sono fatte quasi le 2 e tornare indietro diventa difficile, poiché significa essere ancora in viaggio dopo il calar del sole, cosa alquanto sconsigliabile anche col bel tempo, perciò non ci resta che tentare di raggiungere karnaprayag. per tutto il tempo non fa che piovere a dirotto e, una volta a destinazione, scopriamo con sommo gaudio che proseguire verso nord è impensabile, anzi per ora è sconsigliato anche scendere verso ovest, e che il paventato pericolo di esondazioni è una minaccia più che tangibile, tanto che l'esercito è già presente in forze in tutta la zona per monitorare il livello del fiume e vigilare sulle aree soggette a smottamenti. in poche ore le case lungo le rive del pindar vengono sommerse fino al secondo piano, il camminamento lungofiume scompare inghiottito dalla piena impetuosa e tutti i ristoranti, gli hotel e le abitazioni a ridosso delle sue sponde sono evacuati in fretta e furia dai militari per scongiurare il peggio.
l'albergo in cui siamo capitati per puro caso si trova in posizione elevata rispetto al letto del fiume e perciò rimane fortunatamente agibile nonostante l'emergenza. tentiamo di tenerci il più possibile aggiornati sull'evolversi della situazione, ma le notizie ci giungono confuse e contraddittorie finché, captando qualche informazione qua e là nel bel mezzo del delirio, appuriamo che tutte le strade di accesso al paese sono franate in più punti: sia almora che i centri a ovest sono irraggiungibili, compresa srinagar da cui poi ci si potrebbe spostare verso rishikesh o dehra dun, e le condizioni a nord sono di gran lunga più allarmanti. intanto una colonna infinita di bus, jeep, moto, camion e macchine scende a rilento lungo la statale per joshimath, resa inagibile da molteplici slavine e perciò fatta sgomberare il più in fretta possibile. migliaia di pellegrini sono bloccati in coda per ore ed ore e altrettanti rimangono incastrati a karnaprayag come noi per giorni interi, la maggior parte pure senza un alloggio e quindi costretta a dormire in autobus o per strada, mentre l'esercito tenta sotto il diluvio di far brillare cariche di dinamite per riaprire il passaggio dove la montagna è franata. come se non bastasse poi le poche notizie che filtrano riguardo le zone circostanti sono pessime. nonostante tutto siamo impressionati da come la gente riesca a mantenere una calma più che decorosa, forse perché nessuno può ancora immaginare la reale portata di quanto sta accadendo. noi continuiamo a chiedere aggiornamenti al posto di blocco della polizia, anche se in fondo già sappiamo che, perché la situazione si sblocchi, è prima necessario che le condizioni meteo migliorino. siamo costretti a stare a karnaprayag un altro giorno ancora, e con noi le solite migliaia di persone, senza elettricità e acqua corrente per la maggior parte del tempo. ad abbattere il morale poi ci si mettono pure il crollo di un paio di ristorantini lungofiume, che rovinano in acqua con un boato assordante, e la pioggia che scende senza sosta. è di nuovo sera quando finalmente smette e l'esercito comunica che l'indomani le strade saranno agibili. la mattina seguente invece alle 8.30 passate è ancora tutto bloccato, così non ci resta che tentare di andarcene a piedi, zaini in spalla, camminando per 2-3 km fino alla frana, dove i militari stanno piazzando altre cariche per sgretolare i massi più grandi.



con l'aiuto dei soldati in cordone riusciamo a oltrepassare la slavina e i candelotti di dinamite pronti a farla saltare, e quindi a trovare una jeep, chiaramente sovraccarica, per coprire i primi 10 km fino a gaurchar. ci arriviamo solo per scoprire che la strada da lì in poi è di nuovo chiusa e che non si può raggiungere srinagar, almeno per ora, perciò siamo costretti a fermarci per un'altra notte. l'indomani all'alba ci svegliano i clacson impazienti della colonna interminabile di macchine e bus ancora in attesa dietro la sbarra abbassata: un'altra frana, ci dicono. aspettiamo un paio d'ore, perché la situazione secondo tutti dovrebbe sbloccarsi in fretta, invece alle 10 nulla si muove ancora, e noi optiamo per attraversare di nuovo la frana a piedi e provare a prendere una jeep verso srinagar dall'altra parte. a circa 2,5 km da gaurchar una slavina ha completamente distrutto la strada per un tratto alquanto lungo. 

noi scavalchiamo agevolmente le macerie insieme a un gruppo di pellegrini, ma  il passaggio è a dir poco impraticabile per qualsiasi veicolo e abbiamo la netta sensazione che la gente in coda ne avrà ancora per un bel po'. di là troviamo subito un'altra jeep, ma solo fino a rudraprayag, da cui pare di nuovo impossibile proseguire oltre. la strada è danneggiata in tutte le direzioni o quasi e in pratica srinagar è isolata. chiediamo informazioni a tutti, polizia, militari e gente comune, e ogni volta ne ricaviamo versioni contrastanti. mica una novità in india, dove tutti hanno sempre qualcosa da dire anche quando non sanno manco di che si parla (e lo diciamo con grande simpatia), ma in queste situazioni di emergenza la cosa è piuttosto deleteria e finiamo per non cavare un ragno dal buco, finché un alto ufficiale dell'esercito ci chiarisce la situazione: per scendere verso la pianura bisogna a quanto pare fare una deviazione notevole, lungo le poche strade che non sono state spazzate via dalle frane, e rimbalzare di jeep in jeep, di paesello in paesello, da khakram a kherakal, da kherakal a pauri, da pauri a kotdwar e infine ad haridwar. è già mezzogiorno e riuscirci in giornata è impensabile, ma decidiamo di fare comunque un tentativo. saliamo allora su una jeep per khakram, dove potremo cambiare mezzo, ma una quindicina di km più a ovest l'autista ci molla tutti lungo la statale, perché l'ennesima enorme frana ha inghiottito la strada e l'unica possibilità di proseguire è a piedi. 

ci mettiamo allora in cammino sotto un sole cocente (che è una benedizione dopo tanta pioggia) insieme a una colonna infinita di pellegrini e, coi nostri bei 15-18kg di zaino, percorriamo i 6-7 km di saliscendi che ci concedono di oltrepassare dall'alto la slavina per poi ridiscendere sulla statale. di nuovo lo scenario si ribalta completamente e la gente ci assicura che da lì srinagar è raggiungibile, ma che ora è la strada per rishikesh ad essere in condizioni penose e perciò non ci si può muovere in quella direzione. poco male, vorrà dire che proveremo con pauri e haridwar. l'ennesima jeep ci porta finalmente a srinagar dove, appena scesi, scopriamo che c'è un autobus, l'ultimo della giornata, in partenza per rishikesh. ma come? e la strada bloccata? no, no, the road is good now. si può passare. la nostra comprovatissima teoria per la quale non ci si può fidare delle indicazioni degli indiani senza aver interpellato almeno 3-4 campane diverse, e questo solo per avere un'idea molto approssimativa della realtà, si rivela quanto mai valida, solo che stavolta le campane erano almeno 15 e molte pure in divisa. il risultato però è il medesimo. oramai cominciamo ad essere esausti e saltiamo con grande gioia a bordo dell'autobus che, arrivi dove arrivi, almeno significa spostarsi verso la pianura. infine, con qualche piccola deviazione su piste sterrate secondarie per aggirare le frane, riusciamo a scendere fino a rishikesh lungo la valle del gange.

la strada è in condizioni pessime, l'asfalto è un colabrodo ricoperto di uno spesso strato di polvere e fango, crepe terrificanti squarciano il manto stradale sotto i nostri piedi, ovunque ci sono massi giganti a rallentare il traffico e mucchi di macerie a lato della carreggiata. porzioni gigantesche di montagna sono crollate a valle, trascinando con sè tubi dell'acqua, strade, case, alberi e qualsiasi cosa abbiano incontrato sul loro cammino. le pareti rocciose della ripida valle del gange portano ancora il segno della piena del fiume di tre giorni prima, quasi 10 mt. più in alto del livello attuale, e alberi, edifici, strade e ponti sono sepolti sotto enormi banchi di sabbia e di detriti. poi, proprio mentre stiamo per raggiungere la meta, si rimette a piovere. la perturbazione arriva dalla pianura e sembra decisa a salire a monte. se non fossimo scesi e avesse iniziato di nuovo a diluviare saremmo rimasti bloccati chissà fino a quando. le autorità a quanto sembra hanno preventivato di riuscire a sgomberare le strade in una settimana, salvo peggioramenti delle condizioni meteo. ecco appunto. per quanto ancora rimarranno bloccati sulle montagne, a dormire in autobus e mangiare per strada, le migliaia di persone che abbiamo incontrato e che sono per la maggior parte anziani e famiglie? questo il pensiero che ci martella ossessivo in testa mentre cerchiamo un albergo per la notte. 


poi ci mettiamo subito alla ricerca di notizie aggiornate, sia online che sui giornali, e finalmente realizziamo quello che è successo e quanto siamo stati fortunati: kedarnath, la zona più severamente colpita, è stata quasi del tutto rasa al suolo da un violentissima tromba d'aria che ha sepolto sotto una colata di fango, sabbia, acqua e pietre le case, gli alberghi e le dharamsala (rifugi per pellegrini), inghiottendo centinaia e centinaia di persone radunate nei dintorni del tempio di shiva; anche badrinath, joshimath, hemkund, gangotri, rudraprayag e karnaprayag sono state pesantemente danneggiate. 
il bilancio assume presto le proporzioni della tragedia. in pochi giorni il numero delle vittime sale a più di 1000, ma nelle ultime ore le autorità arrivano a ipotizzarne addirittura 10000, e i feriti, i dispersi e gli sfollati sono decine di migliaia, interi villaggi sono stati spazzati via dalla piena e dalle frane, autobus carichi di pellegrini sono stati trascinati in acqua dalle slavine, insieme alla strada che stavano percorrendo, camion carichi di rifornimenti sono anch'essi sprofondati nel fiume, le persone tratte in salvo sinora sono 90000 ma parecchie decine di migliaia rimangono ancora bloccate e le riserve di cibo iniziano a scarseggiare. inoltre il maltempo non molla la presa, rallentando i soccorsi e gli interventi di sistemazione delle strade e delle zone disastrate. come se non bastasse poi i corpi sepolti dalle macerie stanno iniziando a marcire, contaminando le falde acquifere fino a valle e causando patologie anche gravi addirittura tra gli abitanti delle zone pianeggianti dell'uttarakhand meridionale. le autorità sono state così costrette a organizzare cremazioni di massa sul posto per scongiurare nei limiti del possibile il pericolo di epidemie.
il tempo passa e l'incubo pare non dissolversi nemmeno quando si diradano le nubi e torna a splendere il sole infuocato di giugno. infondo, atrocità dei numeri a parte, gli strascichi più profondi della peggiore alluvione abbattutasi in tempi recenti sull'india himalayana sono e resteranno incalcolabili.

DEHRA DUN

lasciamo rishikesh dopo una sola notte, ripromettendoci di farvi ritorno in seguito, e il giorno seguente ci spostiamo a dehra dun, da cui poi potremmo raggiungere shimla e l'himachal pradesh e quindi valutare in quale direzione proseguire. il centro di dehra dun è dominato dal bel bazar, chiuso al traffico e sempre affollatissimo, in cui è piacevole anche solo starsene ad osservare la gente che passa. inoltre, pochi km a sud della città, c'è la colonia tibetana di clement town, dove ci sfondiamo di momo e chowmein a prezzi stracciati e passeggiamo tra i gompa e le botteghe tibetane che gravitano intorno ad uno degli stupa più grandi del mondo.

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