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8 - 22 febbraio 2012,
AYUTTHAYA



la "sacra città" sta ancora smaltendo i postumi della devastante alluvione dello scorso autunno, ma tutto sommato sembra essersi ripresa alla grande e sono pochi i siti parzialmente chiusi al pubblico per gli interventi di restauro.
grandiosa capitale del regno del siam tra 1350 e 1767, anno della sua distruzione per mano birmana (da cui il successivo declino in favore delle sorelle thonburi e bangkok), ayutthaya stuzzica gli appetiti degli affamati di storia col suo passato intriso di fastoso prestigio e divina sacralità. è questa infatti la fase che segna l'apogeo della civiltà siamese per l'estensione dei territori sottoposti alla sua sovranità, la straordinaria fioritura artistico-culturale e l'importanza strategico-commerciale, che hanno fatto di ayutthaya una capitale leggendaria, popolata già nel '600 da un milione di abitanti, la cui fama riecheggiava da oriente a occidente.
oggi non molto è visibile dell'imponente struttura urbanistica sorta sulla favorevole location insulare, opportunamente protetta dal corso dal chao phraya che la avvolge, ma restano le reliquie più che affascinanti dello splendore architettonico degli antichi wat.
analogamente a quanto avviene nella tradizione hindu, anche qui lo spazio urbano e l'area entro il recinto di ciascun tempio sono densi di simbolismo cosmico e incarnano la riproposizione terrena della struttura dell'universo, così come esso è concepito dalla cosmologia hindu-buddhista. la città antica è quindi una sorta di immenso mandala: il palazzo reale al centro (oppure nel singolo tempio la torre -prang- o il chedi principale) evoca il monte meru, dimora degli dei e nucleo essenziale degli infiniti multiversi, e tutto intorno gli edifici circostanti rappresentano gli altri luoghi del mondo (nel wat gli stupa minori e le altre strutture collaterali) fino poi a giungere alla cinta muraria e al fiume (fossato o stagno sacro nei templi), allegoria dei grandi oceani cosmici. lo stesso nome della città si deve del resto a quella ayodhya "l'impenetrabile", città di rama, di cui si narra nel ramayana hindu, testo che nella sua versione thai (ramakien) è il poema epico nazionale.
oggi intorno ai templi gravita una fitta e rumorosa rete di strade, crocevia di affari meno celesti ma altrettanto pittoreschi, su cui sfrecciano mezzi di ogni tipo, a due, tre e quattro ruote, nel più autentico folklore asiatico. la città è piacevole e ancora tipicamente thai, nonostante il considerevole afflusso di turisti in fuga dalla vicina capitale e bramosi di relax in salsa cultural-archeologica. dalle sponde verdeggianti le sagome dei templi si specchiano nel fiume e per le strade secondarie di là del chao praya si respira una quiete che sa di villaggio.
un giro qui è di certo un buon investimento, pur se nel complesso i tre parchi di sukhothai, si satchanalai e kamphaeng phet rappresentano a nostro avviso un'occasione più prolifica per la fruizione del patrimonio storico e architettonico thai.
senza dubbio alcuno però la suggestione enigmatica della testa di buddha, ciò che rimane di una statua andata perduta, avvolta dalle radici di un albero della bodhi e la sublime magnificenza del wat chai wattanaram sono due chicche imperdibili.

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