17 marzo - 12 giugno 2013 – NEPAL²
· parte prima ·
siamo di nuovo in nepal, a 2 anni di
distanza, e stavolta optiamo per attraversarlo, certo non senza ampie
deviazioni verso le colline a settentrione, da est a ovest lungo la
mahendra highway, che taglia orizzontalmente la piana del terai correndo tra west bengal e uttarakhand.
DHARAN e BIJAYAPUR
dal confine indonepalese orientale di
panitanki-kakarbitta avanziamo lentamente verso ovest a bordo del
solito adorabile bus impolverato e sovraccarico e dopo 4-5h arriviamo
a dharan, che sorge proprio dove la strada abbandona la pianura
polverosa e inizia a salire verso le colline, su fino ai villaggi da
cui partono i trekking sul makalu. dharan ha il sapore familiare
delle città del terai ma è più tranquilla, meno caotica, con quel
feeling da centro di collina nepalese, percorso in lungo e in largo
da quiete viette costellate di negozi di artigianato e medicina
tradizionale e dei soliti chiassosi bazar, e incorniciato da
idilliaci rilievi fitti di sentieri acciottolati che dal centro
cittadino s'arrampicano fin sulla cima. i dintorni sono popolati da
numerose etnie tra cui limbu, newari, tamang, gurung, chhetri etc, i
cui templi e villaggi sono mete ideali per una gita in giornata da
dharan. con una breve passeggiata dal bazar raggiungiamo il delizioso
borghetto collinare di bijayapur coi suoi innumerevoli tempietti, le
case tradizionali e panorami di verdeggiante dolcezza a perdita
d'occhio.
il più famoso dei templi di bijayapur è il budha subbha
mandir, che sorge sul luogo di morte e sepoltura dell'ultimo re limbu
del regno di morang. secondo le cronache egli sarebbe stato attirato
in loco, con l'ingannevole pretesto di una negoziazione, dagli
emissari di prithvi narayan shah (il re gorkha che successivamente
unificò il nepal) e quindi da loro assassinato. il popolo limbu
continua tuttora a venerare l'anima di quel suo ultimo re, il quale
si dice abbia vagato come spirito tra le contrade di bijayapur per
tempo immemore, sorvegliando e aiutando amorevolmente i suoi sudditi
e fratelli, fino a quando questi hanno eretto alla sua memoria il
mandir di budha subba. oggi tutta l'area del tempio è cosparsa di
braccialetti colorati, che le giovani coppie annodano all'alto fusto
dei bamboo o allo steccato, scrivendo sulla stoffa i loro nomi, un
auspicio speranzoso per un tempo infinito e felice insieme,
propiziato dalla benevolenza dell'eterno re che veglia ancora sul suo
popolo..
JANAKPUR e KUWA
janakpur, la città dei janaka, è il
leggendario luogo natale di sita, la regina e coprotagonista delle
epiche vicende del ramayana, nonché il sito in cui vennero celebrate
le sue nozze col divino rama di ayodhya, dopo che lui solo riuscì a
tendere l'arco di shiva, condizione essenziale posta dal re per
concedere la mano della nobile figlia. si tratta dell'antica mithila,
capitale del regno di videha, più comunemente conosciuto col nome
della stessa città reale, il cui territorio corrisponde oggi a
un'area suddivisa tra il distretto nepalese di dhanusa e lo stato
indiano del bihar. janaka è il titolo assunto da tutti i 57 sovrani
mithila, di cui il più famoso è il 21esimo, il padre di sita devi.
janakpur è da ogni punto di vista una
città indiana, tranne forse per il numero di abitanti che la
avvicina più all'universo nepalese, poco affollato e decisamente
meno caotico. le vie polverose della città vecchia sono
affascinanti, i prezzi tra i migliori del nepal e la popolazione
amichevole e poco avvezza a incontrare turisti, cosa che è sempre un
valore aggiunto. vagare tra i numerosi templi e bacini sacri è un
passatempo niente male, ma ciò per cui janakpur è conosciuta e
ammirata in tutto il subcontinente è il janaki mandir, il tempio
dedicato a sita, incantevole esempio di architettura in stile rajput
eretto nel primo novecento da una regina dell'india centrale. le sue
proporzioni aggraziate, che alternano guglie aguzze a morbide nicchie
decorate, gli eleganti portici, le finestre intagliate e le
decorazioni colorate che si accendono contro il bianco dello sfondo amplificano
il suo fascino raffinato in una risonanza incessante di forme e colori.. ma sono soprattutto l'andirivieni costante
di pellegrini, i bimbi che ficcano curiosi il naso qua e là, i
capannelli di baba ciarlieri e sorridenti che ti ringraziano senza
posa e non chiedono manco una rupia, i teneri nonnetti che pregano,
mangiano e dormono all'ombra dei begl'archi lobati e le donne che
conversano amabilmente sui gradini adorni dei fiori variopinti delle
puje a conferire al tempio un'aura di pura magia.
poi facciamo un giretto nei dintorni
della città, dove diversi villaggi mithila se ne stanno al riparo
dal caos urbanizzato e dall'occidentalizzazione altrove galoppante,
avvolti in un'atmosfera bucolica d'altri tempi.
le donne mithila sono
conosciute per le meravigliose pitture colorate che eseguono sulle
pareti di fango delle case e che ritraggono scene di vita quotidiana
dell'universo femminile, il quale da sempre trova poche occasioni di
esprimersi nelle società patriarcali, e sono preziose testimonianze
socio-antropologiche di riti, festività, rapporti sociali e fatiche
contadine, insomma veri e propri affreschi della vita rurale di
questa zona del subcontinente. andiamo a piedi fino al villaggio di
kuwa, non lontano dal centro di janakpur ma immerso in un paesaggio
campestre di seducente bellezza, con le case di fango affacciate su
tranquilli sentieri d'erba e ghiaia e decine di bimbetti allegri che
ci sgambettano incontro. oggi in particolari periodi dell'anno si può
ancora scorgere qualche traccia dei suddetti dipinti parietali, anche
se le donne della comunità sono prevalentemente attive nel centro di
sviluppo femminile costruito ad hoc per la realizzazione e la
promozione della loro arte.
HETAUDA e DAMAN
da janakpur raggiungiamo hetauda, lo
snodo dove la mahendra highway si incrocia con la tribuvan highway,
la prima strada costruita in nepal nonché una delle più panoramiche
e spettacolari, che dal confine di birganji raggiunge kathmandu
attraversando le hills centrali. da hetauda alla capitale sono 120 km
di dolci curve montane che salgono serpeggiando tra villaggi
tradizionali, piccoli borghi contadini e vedute mozzafiato sulle
valli circostanti, fino al punto in cui poi la strada scollina e
prende a scendere in direzione della valle di kathmandu. nel punto
più alto, a 2500mt circa, sorge il villaggio di simbhanjyang e poi,
verso nord poco più in basso, daman (2300mt), dove ci fermiamo per
qualche giorno. questa piccola contrada collinare è rinomata in
nepal per la vista imperdibile che regala sulla catena himalayana,
spaziando da est a ovest, dall'annapurna fino all'everest nelle
giornate più limpide, e abbracciando in un grandangolo da cartolina
machhpuchhare, manaslu, himalchuli, ganesh himal, lantang, dorje
lakpa e gauri shankar.
noi alloggiamo in una piccola guest house di
proprietà di una delle famiglie locali, una deliziosa casetta sherpa
solo per noi, data la quasi totale assenza di visitatori, col bagno
esterno tra gli alberi del bosco e una tinozza per scaldare l'acqua
al sole. la notte è uno spettacolo commovente di miriadi di stelle
luccicanti e tutto è avvolto in un incantato silenzio assoluto, così
dormiamo sonni profondi e ristoratori e possiamo destarci nel fresco
pungente dell'alba per goderci l'incantato scenario himalayano quando
dà il meglio di sè. la famiglia sherpa che ci ospita è splendida e
molto amichevole e ci prepara ogni giorno un daal bhat delizioso,
anche perchè nei dintorni di daman si coltiva una varietà di verdura particolare
e gustosissima che viene poi venduta in tutto il nepal.
il villaggio
è poco più che 4 casette in fila lungo la strada, uno di quei posti
un po' sperduti e perciò affascinanti, e da più o meno qualsiasi
punto si gode di un panorama mozzafiato sulle valli sottostanti e
sulle maestose montagne innevate a nord che si ergono imponenti sopra
ogni cosa. dalla finestra della nostra camera sbirciamo il rigoglio
del grande giardino botanico, punteggiato del rosso dei rododendri in
fiore.
un giorno facciamo quattro passi fino a
simbhanjyang dove, di fronte a un piatto di chowmein e a una
birretta fresca, ce ne stiamo ad osservare beati la vita degli
abitanti scorrere lenta tra i bovi e le capre da portare al pascolo e
il bucato quotidiano da lavare al fiume.. e a infrangere il silenzio
sovrumano delle vallate e quello umano del villaggio sonnolento solo
qualche sporadico autobus stracolmo che traghetta i nutriti gruppi di
monaci accalcati sul tetto ai monasteri dei dintorni.
il giorno
successivo invece ci incamminiamo giù lungo una ripida scalinata che
si addentra nel cuore della foresta e scende fino a un incantevole
gompa buddista e al vicino tempio shivaita di shree rikeshwar
mahadev, entrambi immersi nel fitto del bosco ma raggiunti
quotidianamente da processioni ininterrotte di pellegrini buddisti e
hindu che avanzano fianco a fianco all'ombra di solenni alberi
secolari. qui i baba rendono omaggio ai monaci buddisti e viceversa,
nell''armonia sincretistica tipica del mondo religioso nepalese.
alcuni tra i devoti portano voti curiosi come enormi pezzi di legno
pesanti sulla testa e altri dormono nel bosco, ricavandosi un
giaciglio con rami e foglie secche.
e noi non possiamo che essere davvero
grati di tanta meraviglia...
PATAN e l'HOLI
patan è incantevole, come sempre più
che degna del suo appellativo di “città della bellezza” (lalitpur), coi suoi vicoli acciottolati, la splendida durbar sqare, i
bahal buddisti, le case newari e quell'atmosfera per nulla turistica
che riesce a conservare nonostante la vicinanza estrema alla
capitale.
ma questa volta l'attrazione principale non sono le sue
perle architettoniche bensì il delirio colorato e sfrenato
dell'holi, il festival dei colori, in piena esplosione di festante
sregolatezza. le origini epiche di quella che è una delle feste più
amate dagli hindu si rifanno alla leggenda del re dei demoni
hiranyakashipu e di suo figlio prahlad.
narrano le cronache
mitologiche di quanto il re demone bramasse ardentemente
l'immortalità e di come, al fine di ottenerla, avesse egli praticato
correttamente e per lungo tempo la penitenza in nome di brahma.
hiranyakashipu sapeva che il divino privilegio di vincere la morte
non era affatto facile a concedersi da parte degli dei, perciò pensò
di riuscire ad aggirare tale limitazione richiedendo a brahma almeno
la facoltà di non poter essere mai ucciso da mano umana o animale,
né fuori all'aperto né all'interno, né di giorno né di notte, da
nessuna delle armi conosciute, né in terra né in aria. brahma
infine esaudì la sua supplica e il re dei demoni, credendo di essere
diventato totalmente immortale, ordinò allora a tutti i suoi sudditi
di non venerare mai più le divinità e di mostrare devozione solo a
lui stesso. tutti obbedirono tranne suo figlio prahlad, il quale non
cessò mai di pregare vishnu. il padre, infuriato e assetato di
vendetta, tentò innumerevoli volte di assassinare il suo stesso
figlio, il quale veniva però sistematicamente messo in salvo dal celeste vishnu. un giorno allora hiranyakashipu chiamò in suo aiuto
la sorella holika, che come lui godeva di un dono divino per il quale
non poteva mai bruciare, perchè sedesse su di una fiamma ardente con
prahlad in grembo, nella speranza di porre così fine alla vita del
figlio ribelle. accecati dalla sete di sangue i due demoni non
tennero conto del fatto che tale prerogativa magica poteva funzionare
solo se ella si trovava ad affrontare le fiamme da sola, e così,
grazie all'intervento salvifico di vishnu, prahlad fu risparmiato e
condotto in salvo e holika invece arse viva fino alla morte.
ogni
anno nelle città e nei villaggi di india e nepal bruciano le pire
dell'holika dahan, i roghi rinnovati della demonessa holika, per
riaffermare il trionfo della devozione e della luce divina sulla
tenebra demoniaca. un po' come nei riti delle comunità contadine si
festeggia il ritorno della primavera, e si propizia la fertilità
della terra per un buon raccolto, un'altra delle valenze
antropologico-rituali dell'holi. la tradizione vuole che orde di
bimbi e giovani si riversino nelle strade, imbrattandosi a vicenda di
kumkum (pigmento colorato in polvere usato per la tika) e
inzuppandosi da capo a piedi a suon di secchiate d'acqua e micidiali
gavettoni lanciati dai tetti, da vicoli nascosti o dagli autobus,
senza risparmiare niente e nessuno. e noi giriamo per le strade di
patan finendo per diventare i bersagli preferiti della gioventù
locale che ci prende di mira simpaticamente ma senza mostrare pietà
alcuna.
dopo tutto siamo in nepal e questo è l'holi..
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