5 ottobre - 22 novembre 2012: TURCHIA e IRAN
SECONDA PARTE
presto
saturi di traffico e smog scendiamo verso esfahan, la città d'arte
per eccellenza, orgoglio degli iraniani che la chiamano "nesf-e
jahan", la metà del mondo; per quanto in tutta sincerità non
ci abbia tolto il fiato, si rivela indubbiamente interessante da
visitare con l'enorme piazza naqsh-e jahan, i bei palazzi, il solito
valzer di blu delle splendide moschee, il bazar e le pittoresche vie
della città vecchia che lo circondano, i ponti sullo zayandeh e
infine lo spettacolo di zurkhaneh che ci concediamo per soddisfare la
nostra curiosità riguardo questa disciplina esclusivamente iraniana,
che fonde pratica sportiva, ritualità religiosa e performance
teatrale.
da
esfahan ci dirigiamo verso yazd. e questa volta sì che ne usciamo
incantati: la cittadella è una meraviglia, coi suoi vicoli tortuosi
e le spesse mura di fango e paglia che celano deliziose dimore
tradizionali, le numerose cisterne per l'acqua e le caratteristiche
torri del vento, ingegnoso sistema di condizionamento degli ambienti
ante-litteram. già che ci siamo facciamo anche un giro a kharanaq,
un antico villaggio lungo la via della seta, a chak chak, il più
importante sito di pellegrinaggio zoroastriano in iran, dove ogni
anno a giugno migliaia di devoti si radunano intorno al sacro tempio
del fuoco, e a meybod, con il castello di narein e un
caravanserraglio con laboratorio di tessitura.
dopo
di che è di nuovo teheran per la seconda visita all'ambasciata
indiana. tutto inutile. dovremo tornarci di nuovo.
intanto
rifuggiamo a sud e precisamente a shiraz, cuore della cultura
persiana, città di poeti dove riposano i sommi hafez e saadi e,
prima della rivoluzione, anche patria del buon vino persiano, che in
più non è molto lontana dall'incantevole persepolis. questa perla
da tempo sulla nostra lista, pur non potendo forse vantare le rovine
sterminate e in eccellente stato di conservazione di efeso, jerash o
palmyra, è senza dubbio uno tra i più spettacolari siti che abbiamo
avuto la fortuna di visitare. il suo fascino magnetico, che il tempo
non sembra affatto intaccare, è incarnato alla perfezione dalla
monumentale porta delle nazioni. e come dimenticare poi quella che
resterà una delle pietre miliari della nostra collezione di memorie
archeologiche, ovvero gli straordinari rilievi della scalinata
dell'apadana, in cui le delegazioni di tutte le terre sottoposte al
dominio persiano sfilano in corteo, con tanto di costumi tipici e
omaggi da offrire alla corte imperiale, questi sì ottimamente
conservati e di una bellezza incredibile, tanto che il solo
rievocarli nella mente basta a lasciarci di nuovo senza parole.
la
tappa successiva è l'antichissima terra di elam, oggi khuzestan, la
prima delle civiltà dell'antico iran: andiamo a shustar per dare
un'occhiata al sistema di approvvigionamento idrico e canalizzazione
dell'acqua che l'ha resa famosa, quindi a shush e al sito dell'antica
capitale elamita e achemenide di susa, e infine a choqa zanbil, dove
ci attende l'unico esempio superstite di ziqqurat oggi visibile fuori
dal territorio iracheno.
è
il momento di tornare a nord per l'ennesimo capitolo della saga
kafkiana dell'IVAC (indian visa application center), ovvero "come
vincere una crisi di nervi all-inclusive agratis col vostro visto
indiano", ma siccome ne abbiamo fin sopra i capelli del delirio
caotico della capitale ce ne andiamo nella vicina e graziosa quazvin,
da cui dopo un altro blitz inconcludente e una decina di telefonate
riusciamo finalmente a sbloccare la situazione e a strappare al
personale dell'ambasciata una fantomatica data di ritiro!
da
lì poi raggiungiamo zanjan e il mausoleo ilkhanide di oljeitu a
soltanieh, una chicca davvero apprezzabile, la cui decorazione
interna riesce a strabiliarci, pur se parzialmente occultata dalla
foresta di impalcature per il restauro.
a
questo punto, con un'audace e fortunata combinazione di
sporadicissimi minibus e il solito prezioso aiuto della gente del
posto, riusciamo a raggiungere takab e quindi la meraviglia di
takht-e soleyman praticamente gratis. da lì poi ce ne andiamo verso
bijar, ma solo grazie al provvidenziale salvifico intervento di
alcuni ragazzetti che ci soccorrono mentre attraversiamo il loro
grazioso villaggio, appiedati e semidisperati come ci aveva lasciati
qualche ora prima l'unico minibus in circolazione. takht-e soleyman è
in assoluto uno dei posti che più ci hanno colpito, non per le
rovine sasanidi in sè stesse, che non sono di certo particolarmente
imponenti, quanto piuttosto per l'aura sacralmente magica che qui
trasuda da ogni pietra. uno dei più antichi templi zoroastriani,
custodito da una vallata di indescrivibile bellezza, è circondato da
un complesso di edifici amministrativi e residenziali, disposti
intorno a un incantevole lago di origine vulcanica. un buco sul fondo
del cratere profondo quasi 100 mt sputa acqua sulfurea dalle viscere
della terra.
abbiamo
tempo per un breve passaggio in kurdistan e a sanandaj, dove
l'incanto delle montagne e la proverbiale gentilezza della gente è
pari solo allo zelo che la polizia mette nel controllare i nostri
visti dato che, grazie ai tempi infiniti dell'ambasciata indiana, ce
ne stiamo andando in giro da un pezzo con la sola fotocopia del
passaporto, e nell'ispezionare i nostri zaini quando usciamo in
autobus dalla regione curda. ordinaria amministrazione quando si
tratta di questo popolo tormentato dalla storia.
poi
ci spostiamo a hamadan, l'antica ecbatana, che ospita tra le altre
cose la tomba di ester e mordecai e il mausoleo di avicenna.
l'ultima
delizia persiana è kashan, celebre per le case tradizionali, le
moschee, il giardino di fin e la religiosità fervente della sua
gente, che sperimentiamo al massimo capitandoci in occasione
dell'ashura, una delle festività principali del calendario sciita
che commemora il martirio dell'imam hussein.
da
qui poi facciamo ritorno per la quinta e ultima volta in quel di
teheran, per l'ultimo capitolo della nostra odissea burocratica
all'ufficio visti, da cui stavolta usciamo finalmente vittoriosi.
è
impossibile riuscire a esprimere come ci ha fatto sentire
l'accoglienza unica del popolo iraniano, la sua grande spontaneità e
gentilezza d'animo, l'istintiva apertura verso l'altro che annulla
costantemente la necessità di chiedere aiuto, perchè questo arriva
pronto sottoforma del primo che passa, ti si avvicina e con un
sorriso ti dà una mano. è un paese dove fare nuovi incontri
interessanti sembra essere la cosa più facile del mondo, perchè
tutti scalpitano per parlarti, conoscerti e invitarti da qualche
parte. fare anche solo la metà di quello che gli iraniani hanno
fatto per noi in questo mese e mezzo significherebbe molto più che
contraccambiare. ma in questi casi è così che funziona. non ci si
può semplicemente mai sdebitare.
lasciamo
la conclusione alle parole di uno dei tanti con cui ci siamo seduti
per un chay.
"abbiamo cacciato lo shah, ma solo per cambiare padrone.. e quello nuovo dalla sua parte ha pure la religione e strumentalizza la fede per
controllare il popolo. ma il 70-80% degli iraniani è contrario al governo ed è solo questione di tempo. noi però non vogliamo
per l'iran un'altra "primavera" come quelle arabe, perchè
la guerra per le strade porta solo fame e niente di buono per nessuna delle parti e spesso
gli esiti sfuggono dalle mani dello stesso popolo che ha risollevato
la testa. abbiamo visto quello che è successo in egitto, quello che hanno fatto alla libia e come ora stanno tentando di distruggere la siria. e abbiamo imparato.. tuttavia le cose qui stanno lentamente cambiando, i giovani
crescono con un orientamento più laico, sono istruiti e consapevoli
di quello che succede nel mondo, e hanno sempre meno paura. e' solo
questione di tempo e un cambiamento verrà. i mussolini, gli hitler,
i salazar vanno e vengono, è così da sempre, tutti presto o tardi
sono caduti. ma è il popolo che deve decidere per la sua terra, per la sua nazione, per i suoi figli, e non un manipolo di terroristi d'occidente. come per tutte le cose della vita, come per la natura.
la mela succosa è stata un seme, prima che il tempo la facesse
diventare tale, e poi un piccolo frutto acerbo. noi in iran siamo
ancora quel piccolo frutto acerbo, ma il mio è un grande paese, che troppo pochi in occidente conoscono. non so se vedrò mai un giorno
migliore per il mio popolo, forse sarò morto prima che accada, ma
non ho alcun dubbio che quel giorno verrà..".
inshallah,
caro alì, inshallah.
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